Il giovanissimo Ludovico Bomben, che per la sua prima personale alla Galleria 42 ha realizzato un’installazione esclusivamente con l’uso di lampadari a sospensione – 75, tutti assolutamente identici - possiede la tensione delle Avanguardie a superare l’opera come forma chiusa.

Realizza interventi site specific che non mirano a strutturare o connotare con la luce spazi astratti, bensì a destrutturare luoghi vissuti quotidianamente rispetto alle abitudini di chi costantemente li frequenta. Dopo la sua azione installativa, il luogo che pensavamo di conoscere ci lascerà spiazzati, disorientati, scossi dal torpore della routine e dalla pigrizia del nostro nervo ottico (o meglio, della pigrizia a elaborarne gli stimoli). Ma la luce non costituisce il nucleo della poetica di questo giovane artista, ne è uno strumento. Certo quello privilegiato, perché è la luce che orienta il nostro sguardo, condizionando la nostra idea degli spazi e il nostro comportamento rispetto ad essi. L’arte di Bomben parte da questo presupposto per risolversi interamente su un piano percettivo-sensoriale e psicologico. L’interazione con lo spettatore non richiede interventi attivi da parte di quest’ultimo, ma è limitata a una stimolazione dipendente dalla sua personalità e dalla sua memoria, e che sarà poi lui stesso a decidere quanto assecondare.